26 aprile 2016

Vivo in un'Europa incapace di essere all'altezza dei suoi sogni

Muri che si alzano, barriere che diventano fili spinati, populismi e xenofobia che diventano maggioranze di governo, egoismi spiccioli che impediscono il benessere e la libertà di tutti, "vongole" troppo piccole che per pochi millimetri diventano causa di guerre commerciali, latte naturale e buonissimo che viene pagato pochi spiccioli ai contadini e al contrario latte in polvere di provenienza "industriale" che può diventare "formaggio" .. Tutto "letame" prodotto dall'apparato burocratico europeo, burocrati da 10 mila euro al mese mentre nel mondo si muore di fame.

Regole commerciali ed economiche talmente "rigide" che fanno diventare sempre più poveri i paesi poveri e sempre più ricchi i paesi ricchi.

In questo momento vedo un'Europa unita solo dalla moneta, l'Euro. Che sogno l'Euro quando nel 2002 ha iniziato a circolare, un'unica moneta per tutta l'Europa.

Dov'è finita l'Europa che sognavo dall'Africa quando ero ragazza .. Adolescente studiavo nella mia città, Benin City, nel pomeriggio aiutavo la nonna a preparare frutta e verdura per il mercato del giorno dopo, studiavo, studiavo .. e sognavo l'Europa, una terra libera, senza guerre, in pace, ricca e felice.

Che delusione l'Europa di oggi, dove a noi "neri" ci dicono che dobbiamo tornare a "casa nostra", lo dicono anche a me dopo che ho vissuto più della metà della mia vita in Europa .. qual'è davvero casa mia ??

Hanno abbattuto il muro di Berlino, e finalmente il mondo è diventato più grande, più bello, più integrato, più libero .. così almeno pensavo. L'Europa allora aiutò la Germania nella riunificazione, offrì ai tedeschi tutto ciò di cui avevano bisogno, denaro, tanto denaro, senza chiedere nulla in cambio. Oggi questa stessa Germania, diventata forte ed egemone proprio grazie all'Europa che l'aiutò in un momento storico importante, è proprio quella che pone veti e limitazioni per i paesi (come la Grecia) che avrebbero bisogno di aiuto. Che delusione questa Germania "ingrata"

Si è preferito dare sei miliardi alla Turchia (paese islamico dove i diritti umani sono violati quotidianamente) per ri-accogliere i migranti respinti piuttosto che aiutare la Grecia a dare una dignitosa accoglienza a chi già c'era in Grecia.

Che delusione questa Europa di burocrati e governanti che sanno solo pensare alla prossima elezione e non piuttosto alla prossima "generazione"

Che delusione questa "Europa" che dice di aiutarli "a casa loro" dopo che ha "rubato" all'Africa tutto il possibile, prima la tratta degli schiavi, poi la colonizzazione e adesso lo sfruttamento di terre, miniere e petrolio.
Nella mia Nigeria si dice "ufficialmente" che non c'è guerra (lo ha detto perfino il presidente nigeriano "islamico" Buhari), ma ancora l'Europa sottovaluta gli ultimi sei anni di violenze islamiche nel nord (20.000 cristiani uccisi, chiese distrutte, migliaia di ragazze rapite e rese schiave sessuali), e si ignora che 20 milioni di persone (un terzo della popolazione dell'Italia) vivono nel luogo più inquinato del mondo, il Delta del Niger .. dove non si può più pescare, coltivare la terra, e nemmeno respirare l'aria dei "fuochi perenni"

Quanta ignoranza in questa Europa superficiale .. che costruisce moschee per chi ha distrutto chiese in Africa. Non sopporto questa Europa che alza muri verso tutti, ma ha un atteggiamento "permissivo" verso l'Islam che uccide, che ha "ucciso" .. anche in Europa.

Che delusione questa Europa, che ha costruito "ghetti" dove l'Islam avrebbe dovuto integrarsi. Oggi l'Islam "europeo" ha UCCISO, a Parigi e poi a Bruxelles. No, l'Islam NON si integrerà mai in questa Europa. Nella mia Nigeria stanno "uccidendo" ancora e voi europei costruite per loro perfino le mosche. NO, ai "traditori" NON si può più concedere nulla, e quindi, "No all'invasione islamica dell'Europa"

Un solo muro, "No all'Islam in Europa" .. nella mia terra d'origine distruggono le chiese, perché in questa Europa c'è sempre qualcuno che per loro vuole costruire moschee ??

Che delusione questa Europa, senza una politica estera comune, dove ogni stato può costruire muri di filo spinato ai propri confini. Che delusione questa Europa xenofoba che dice a me "nera cristiana" di tornare a casa mia, ma poi "accoglie" chi nella mia Nigeria distrugge chiese.

Che delusione questa Europa che ha "cancellato" il Natale per non offendere il "mussulmano" che NON si integrerà mai.

NO, io dico NO, ma solo ai migranti "islamici" .. I mussulmani siano accolti da paesi "islamici" (Turchia compresa), ma senza aiuti europei.

So di essere controllata dalle "lobbies" islamiche in Italia, NON mi fate paura. Dirò sempre "No all'Islam"

Che delusione questa Europa, anziché ripulirsi dall'Islam che la sta "uccidendo", si fa comandare da una Germania "ingrata" e che si fa beffe di tutte le regole "europee", e che lei si, seleziona i migranti da accogliere.

Europa, solo tu puoi essere all'altezza dei tuoi sogni, non arrenderti, non cedere di fronte ai muri che si alzano, non arrenderti di fronte alle sfide del nuovo che avanza .. e smettila di lasciarti "invadere" da questo ISLAM che nel mondo "uccide"

Non è questa l'Europa che sognavo quando ero in Africa. Europa ingrata che ora "respinge" gli africani cristiani dopo che, per secoli, ha sfruttato l'Africa e noi africani .. e anche oggi ci sta sfruttando.

L'Islam mi vorrebbe cancellare, la mafia nigeriana mi vorrebbe uccidere. So di essere in un bel guaio ma io, al contrario dell'Europa, non smetterò mai di lottare per i miei sogni



Articolo di

18 aprile 2016

Caro cliente "papagiro" che sei venuto da me per comprare sesso

Chantal oggi
Una lettera scritta da Chantal B. Dana, ragazza nigeriana che oggi vive a Toronto dove frequenta un master in lingua e letteratura inglese e studia come interprete e traduttrice della lingua italiana, una lettera indirizzata ad "un ipotetico ex-cliente". Chantal a Toronto è inoltre attiva tra le numerose comunità italiana e nigeriana dove collabora come mediatrice culturale.

Chantal, già vittima di tratta, arriva in Italia nel 2005 e quindi al pari di tantissime altre ragazze nigeriane, è costretta a prostituirsi. Nel 2007 conosce Maris Davis che la convince a denunciare la sua mamam e i suoi "capi", contribuendo così a smascherare un rete di nigeriani che costringevano altre ragazze a prostituirsi tra il Friuli e il Veneto.

Si trasferisce a Toronto, in Canada, dove si iscrive all'Università e inizia così il suo percorso di studi e di lavoro.

Caro cliente "papagiro" .. Se pensi che io mi sia mai sentita attratta da te ti sbagli di grosso. Non ho mai avuto il desiderio di andare a fare "quel lavoro", neppure una volta. L’unica cosa che avevo in mente era prendere soldi in fretta per pagare il mio debito con la "mamam"

Non confondere questo con i "soldi facili", non è mai stato facile fare sesso per soldi. Veloce, sì. Perché io ho imparato rapidamente i molti trucchi per farti "venire" il più presto possibile, di modo che tu ti togliessi da sopra di me, da sotto di me o da dietro di me, non volevo sentire la puzza della tua pelle che toccava la mia.

E no, tu non mi hai mai eccitata durante il rapporto sessuale. Ero una grande attrice. Per due anni ho avuto l’opportunità di esercitarmi gratis. Perché mentre tu mi palpeggiavi, mi leccavi, mi penetravi, i miei pensieri erano sempre da qualche altra parte. Una qualche parte in cui non avevo a che fare con te che succhiavi via il rispetto di me stessa, senza impiegare neppure 10 secondi per renderti conto di cosa sia stata in realtà la situazione, o per guardarmi negli occhi.

Se hai pensato che mi stavi facendo un favore pagandomi per 30 minuti o per un’ora, ti sbagliavi. Preferivo averti dentro e fuori nel minor tempo possibile. Quando hai creduto di essere il mio nobile salvatore, chiedendo come mai una ragazza carina come me stava in un posto come quello, hai subito perso l’aureola con la frase successiva che mi chiedeva di stare sdraiata sulla schiena, e poi hai messo il maggior impegno possibile a tastare il mio corpo con le tue manacce. A dire il vero, avrei preferito che tu ti fossi messo sulla schiena e mi avessi lasciato fare il mio "lavoro"

Quando hai pensato che potevi incrementare la tua mascolinità portandomi all'orgasmo, sappi che fingevo. Avrei potuto vincere una medaglia d’oro da quanto bene fingevo. Fingevo così tanto che ha volte ho perfino riso di te senza che tu te ne accorgessi. Che ti aspettavi? Forse quel giorno non eri il primo cliente. Forse eri il terzo, o il quinto, o magari il decimo, chissà. Ho spesso perso il conto.

Credevi sul serio che io fossi in grado di eccitarmi mentalmente o fisicamente facendo sesso con uomini che non avevo scelto? Non è mai successo. I miei genitali bruciavano, per il lubrificante e i preservativi. Ed ero stanca. Così stanca che spesso dovevo stare attenta a non chiudere gli occhi per la paura di addormentarmi mentre continuavo a "gemere" automaticamente.

Se hai pensato di pagare per la lealtà o le due chiacchiere, pensaci un’altra volta. Io avevo interesse zero per le tue scuse. Non me ne fregava nulla che tua moglie avesse dolori pelvici e che tu non potevi stare senza sesso, né di qualsiasi altra patetica scusa hai offerto per essere venuto a comprare sesso da me. Quando hai pensato che io ti capivo e provavo simpatia per te, era tutta una balla. Non avevo altro che disprezzo nei tuoi confronti e allo stesso tempo tu distruggevi qualcosa dentro di me. Tu seminavi il dubbio in me, il dubbio che tutti gli uomini fossero cinici e sleali come lo eri tu.

Quando hai lodato la mia apparenza, le mie tette, il mio corpo o le mie abilità sessuali, sarebbe stato lo stesso se tu mi avessi vomitato addosso. Tu non vedevi la persona dietro a quella maschera che mi mettevo addosso ogni volta che mi pagavi perché aprissi le gambe per te. Tu vedevi solo quello che confermava la tua illusione di una donna eccitante provvista di un insaziabile desiderio sessuale.

In realtà tu non hai mai detto quel che pensavi io volessi sentire. Invece, hai detto quel che tu stesso avevi bisogno di sentire. Dire quello era necessario a preservare la tua illusione e al prevenirti dal riflettere sul come ero finita là a vent'anni. Non ti importava nulla sapere se ero "costretta" a farlo perché se tornavo senza soldi la "mamam" mi picchiava. Perché tu avevi un solo scopo, che era quello di dimostrare il tuo potere pagandomi per usare il mio corpo come più ti piaceva.

Quando appariva una goccia di sangue sul preservativo era perché mi erano appena venute le mestruazioni. Era perché il mio corpo era una macchina, una macchina che non doveva interrompersi per il ciclo mensile, perciò inserivo una spugna nella "figa" quando avevo le mestruazioni perché la mia "mamam" mi costringeva a scendere in strada anche se le mestruazioni mi facevano male.

E no, non sono andata a casa dopo che tu hai finito. Ho continuato a lavorare, dicendo al cliente successivo la stessa identica storia che avevi sentito tu. Ma tu eri così preso dalla tua frenesia che una piccola goccia di sangue mestruale non ti ha fermato.

Chantal
Quando arrivavi con oggetti, lingerie, costumi o giocattoli sessuali, e volevi il gioco di ruolo erotico, la mia macchina interiore prendeva il controllo. Io ero disgustata da te e dalle tue spesso malate fantasie. Lo stesso vale per le volte in cui hai sorriso e mi hai detto che dimostravo 17 anni. Non aiutava che tu ne avessi 50, 60, 70 o fossi ancora più vecchio.

Quando hai regolarmente violato i miei limiti, sia baciandomi, o inserendo le tue dita dentro di me, o togliendoti il condom, lo hai fatto sapendo perfettamente che era contro le regole. Stavi esaminando la mia capacità di dire di no. E te la godevi. Quando non obiettavo abbastanza chiaramente, o quando spesso semplicemente ignoravo la cosa, tu la usavi in modo perverso per mostrare quanto potere avevi e come potevi oltrepassare i miei limiti.

Quando infine ti dicevo di andartene e chiarivo che non volevo più averti come cliente se non potevi rispettare le regole, tu insultavi me e il mio ruolo come "prostituta". Eri minaccioso e cafone. Quando tu compri sesso, ciò dice molto di te, della tua umanità e della tua sessualità. Per me, è un segno della tua debolezza, anche se tu la confondi con un senso malato di potere e status.

Tu pensi di avere un diritto. Voglio dire, le prostitute sono là fuori comunque, giusto? Ma loro sono prostitute solo perché uomini come te sono messi di traverso a una relazione sana e rispettosa fra uomini e donne.

  • Le prostitute esistono solo perché uomini come te sentono di avere il diritto di soddisfare le loro urgenze sessuali usando gli orifizi dei corpi di altre persone.
  • Le prostitute esistono perché tu e i tuoi pari pensate che la vostra sessualità richieda l’accesso al sesso quando vi pare e piace.
  • Le prostitute esistono perché tu sei un misogino e perché sei più preoccupato dei tuoi bisogni sessuali che delle relazioni in cui la tua sessualità potrebbe davvero fiorire.

Quando compri sesso, ciò rivela che non hai trovato il fulcro all'interno della tua stessa sessualità. Mi dispiace per te, davvero. Rivela che sei così mediocre da pensare che il sesso giri tutto attorno all'eiaculare nella vagina di un’estranea. E se una non è portata di mano, il luogo dove puoi pagare una donna sconosciuta per poterti svuotare in una gomma mentre sei dentro di lei non è mai più lontano di giù in strada.

Che uomo insignificante e frustrato devi essere. Un uomo incapace di creare relazioni profonde e intime, in cui la connessione scorre più profondamente della tua sola eiaculazione. Per eiaculare non serve sempre mettere il "cazzo" dentro una vagina, a volta basta la tua stessa mano e una buona e sana masturbazione.

Un uomo che esprime i suoi sentimenti tramite i suoi orgasmi, che non ha la capacità di verbalizzarli, ma preferisce canalizzarli tramiti i suoi genitali per liberarsene. Che mascolinità fiacca. Un uomo che sia tale non si degraderebbe mai pagando per il sesso.

Non so fin dove la tua umanità arrivi, ma io credo nel bene nelle persone, anche in te. So che, nel profondo, hai una coscienza. So che ti sei chiesto in silenzio se quel che facevi era eticamente e moralmente giustificabile. Io so anche che difendi le tue azioni e che è probabile tu pensi di avermi trattata bene, di essere stato gentile, di non aver inteso violare i miei limiti o di non averlo proprio fatto. Ma, la sai una cosa? Questo si chiama evitare le tue responsabilità.

Tu non stai affrontando la realtà. Tu illudi te stesso pensando che le persone che compri non sono comprate. Non sono forzate alla prostituzione. Forse pensi persino di avermi fatto un favore e di avermi concesso una pausa parlando del tempo o massaggiandomi un pochino prima di penetrarmi. Tutto quel che hai fatto è stato confermarmi che non valevo nulla di più, che ero una macchina, la cui funzione principale era permettere ad altri di sfruttare la mia sessualità.

Io ho avuto molte esperienze durante la mia attività di "schiava sessuale". Ciò mi mette in grado di scriverti questa lettera. Ma è una lettera che avrei preferito molto non scrivere. Queste sono esperienze che vorrei aver evitato.

Tu, naturalmente, pensi a te stesso come a uno dei clienti gentili, ma non esistono clienti gentili. Esistono solo quelli che confermano alle donne la visione negativa che esse hanno di se stesse.

Sinceramente, la tua Chantal



Questo articolo in un libretto







Articolo a cura di

11 aprile 2016

Land Grabbing, anche la Nigeria "ricattata" della Monsanto

Colonialismo e Land Grabbing, a volte ritornano. A volte mi faccio delle fantasie, se uno storico, tra qualche secolo, dovrà scrivere dei nostri tempi probabilmente sarà costretto a descriverli come tempi di immobilità e di sviluppo fortemente diseguale. Probabilmente sarà costretto a scrivere che lo schiavismo, per esempio, non è finito alla fine dell’ottocento ma si è prolungato, con modalità diverse, almeno fino all’inizio del terzo millennio (si pensi a tutte le miniere illegali in Africa, o alla raccolta della frutta e della verdura in Europa).

Coltivazioni intensive di olio di palma in Africa
Allo stesso modo dovrà dire del colonialismo che, dopo la fine formale negli anni sessanta, è ricomparso sulla scena. Naturalmente con modalità diverse, adatte ai tempi.

Il riferimento è al fenomeno del "Land Grabbing", letteralmente accaparramento di terre attraverso formule diverse, affitto per alcuni decenni o concessioni. Avviene soprattutto in Africa e in Asia dove diversi paesi sono alle prese con il tentativo di raggiungere l’autosufficienza alimentare. Obiettivo che si fa sempre più irraggiungibile anche per una questione demografica.

In Africa, per esempio, nel 1980 vivevano 469 milioni di persone, oggi hanno superato il miliardo e raggiungeranno una cifra più che doppia nel 2050. Ciò significa che c’è una richiesta sempre maggiore di terra per produrre cibo adatto al consumo locale.

Invece la terra africana oggi viene affittata, concessa a paesi stranieri, quasi sempre di altri continenti, che la utilizzano per produrre cibo per alimentare le proprie popolazioni o biocarburanti per ottenere preziosa energia.

Chi sono questi paesi? Tutti, anche i più insospettabili, Italia compresa. Ma se si deve fare una classifica si nota che al primo posto ci sono gli Stati Uniti che avrebbero ottenuto l’utilizzo di ben sette milioni di ettari di terre nel mondo (buona parte in Africa). Vengono poi Malesia, Emirati Arabi, Regno Unito, India. Insomma paesi che non hanno terre a sufficienza, che sono economie emergenti o potenze della vecchia guardia e che hanno conosciuto importanti incrementi demografici.

Chi sono i venditori? Al primo posto Papua Nuova Guinea seguita da Indonesia. Subito dietro c’è l’Africa, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Mozambico. Se a fronte di questi dati si pensa che le terre emerse sono circa 150 milioni di chilometri quadrati, ma le terre adatte all'agricoltura (quindi tolti ghiacciai, deserti, steppe, paludi) sono molto meno. Se si dividono queste per gli oltre sette miliardi di persone che oggi abitano il pianeta Terra si vede che ognuno ha a disposizione circa duemila metri quadrati di terra. È evidente che il fenomeno del Land Grabbing ruba terra a qualcuno, e non è necessario dire a chi.

Seconda costatazione. È evidente che il Land Grabbing è come, e forse peggio del colonialismo. Questo puntava a conquistare e controllare territori per instaurarvi monocolture destinate all'esportazione (in Senegal le arachidi, in Sudan il cotone, in Kenya il Thè, in Costa d’Avorio il cacao). Land Grabbing fa la stessa cosa, con modalità diverse, naturalmente. Utilizzando un sistema “moderno”, quello del mercato che come noto non è affatto democratico.

La Nigeria e il ricatto della Monsanto (multinazionale dell'agro-alimentare). In Nigeria è in corso un conflitto che, oltre al valore economico enorme si può definire anche simbolico e con ricadute pesanti sull'intero continente. Il conflitto riguarda la Monsanto, multinazionale americana dell’agro-alimentare, e una fetta consistente di società civile, un centinaio di organizzazioni di base alle quali fanno riferimento circa cinque milioni di persone.

Nigeria, proteste contro la Monsanto
Il colosso americano vuole introdurre in Nigeria mais e cotone transgenico, la società civile si oppone duramente tanto che si è arrivati a momenti di forte tensione con il governo federale che, sembra, intenzionato a concedere tutti i lasciapassare alla Monsanto. Non è un caso che la multinazionale faccia pressioni proprio adesso, in Nigeria ma anche in una buona parte dei paesi africani. Una serie di contingenze economiche e politiche infatti sembrano favorevoli.

In primo luogo la crisi economica e il prezzo del petrolio caduto ai minimi storici. Per una paese come la Nigeria, per esempio, è una catastrofe e la diversificazione è diventato un imperativo assoluto. In secondo luogo siccità e carestia che si abbattono su vaste porzioni del continente impongono di sviluppare una agricoltura locale che sappia far fronte ai bisogni della popolazione senza dipendere dalle importazioni. Si tratta di fattori oggettivi che mettono in condizioni di grande debolezza molti paesi.

La Monsanto lo sa e ha avviato la sua offensiva continentale. Gli oppositori nigeriani della multinazionale non temono tanto i danni alla salute che i semi transgenici potrebbero provocare, quanto la totale dipendenza, poi, dall'estero. Questa volta non più una dipendenza che, in momenti migliori, può essere revocata. La dipendenza dai semi diventerebbe "eterna", una sorta di cappio al collo a meno di non diventare, a propria volta, produttore di sementi geneticamente modificati. Ma ci vogliono tecnologie e competenze che in Africa non ci sono.

Monsanto peraltro sa molto bene quello che l’Africa dal punto di vista demografico sarà il continente che crescerà di più nell'intero pianeta. Ciò significa che di una agricoltura intensiva, sicura, non intaccabile da batteri ci sarà un bisogno estremo nel Continente. Che diventerà ancora più dipendente e sottosviluppato, se i piani della Monsanto si realizzeranno.


Leggi anche
Land Grabbing, le terre rubate all'Africa



Articolo di

10 aprile 2016

Sud Sudan, lo stupro di donne e ragazze per pagare i combattenti

L'ONU denuncia gli orrori in Sud Sudan. Il rapporto delle Nazioni Unite certifica che nel 2015 nel Sud Sudan sono stati commessi crimini di guerra e contro l’umanità.

Chi ha seguito la guerra in Sud Sudan sapeva bene che prima o poi questa guerra dimenticata sarebbe diventata uno scandalo, oggetto di denunce di tutti gli organismi che si occupano di diritti umani. E infatti, puntuale, è arrivata la denuncia dell’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani che parla crimini di guerra commessi sia dalle forze governative del presidente Salva Kiir, sia da quelle dei ribelli al seguito dell’ex vice presidente Riek Machar. Le denunce sono fatte sulla base di testimonianze e prove di stupri, uccisioni arbitrarie, massacri, esecuzioni, reclutamento di bambini soldato.

Era scontato che tutte queste cose accadessero. La guerra in Sud Sudan è un conflitto che non sembra avere uno sbocco diplomatico. I due rivali combattono semplicemente per il potere. Lo vogliono in modo totale, sono incapaci di dividerlo, di spartirlo. Salva Kiir e Riek Machar erano presidente e vice presidente, cioè le cariche più alte dello stato. Cosa si può offrire loro adesso se non l’annientamento totale del nemico? Dunque, stando così le cose, in Sud Sudan si continuerà a combattere per sempre, senza soluzione di continuità.

L’esito, un compromesso, una mediazione può arrivare solo se i due leader verranno messi da parte, se verranno costretti a uscire di scena, se arriveranno altri protagonisti al loro posto. Quella guerra è stata lasciata marcire, incancrenirsi e ora è difficile, forse impossibile disinnescarla.

L’orrore istituzionalizzato, le violenze più atroci diventate sistema. Ogni giorno, ogni ora, contro chiunque e dovunque. Accade nel Sud Sudan, il Paese più giovane al mondo, cinque anni dopo l’indipendenza da Khartoum seguita a dieci anni di guerra civile. Una mattanza che dalla fine del 2013 è tornata a devastare territori e persone inermi, abbandonati alla mercé di chiunque abbia un’arma in mano, soldati, miliziani o bande criminali.

La denuncia è arrivata dalla sede delle Nazioni Unite di Ginevra che ha pubblicato un rapporto sconvolgente. Se il governo di Juba non ha soldi, ha spiegato l’Alto commissariato ONU per i diritti umani, i soldati vengono pagati con l’autorizzazione a stuprare donne, ragazze e perfino bambini. E poi esecuzioni sommarie, bimbi e disabili bruciati vivi, mutilazioni.

Di "uso massiccio della violenza sessuale come strumento per terrorizzare e come arma di guerra" l’Onu ha più volte parlato con riferimento a tutti i conflitti degli ultimi trent'anni, ma il rapporto 2015 fornisce "dettagli spaventosi e devastanti" dei quali "il salario-stupro" appare il più sconcertante. È stato acquisito come "normale".

Bambini soldato, Sud Sudan
Il principio "fate tutto quello che potete fare e prendete ciò che volete". Così la violenza sessuale diventa un equivalente alla distruzione di beni e mezzi di sussistenza, all'uccisione del bestiame, all'incendio dei villaggi, ai rapimenti e alla riduzione in schiavitù.

Con risvolti raccapriccianti come quello dei genitori costretti ad assistere allo stupro delle figlie. O la sistematica eliminazione di chiunque sia sospettato di stare con l’opposizione.

Denuncia l’ONU .. Bambini e disabili sono stati bruciati vivi, asfissiati in container sigillati, uccisi a colpi d’arma da fuoco, impiccati agli alberi o fatti a pezzi lentamente, in alcuni casi lasciati vivi con invalidanti mutilazioni.

"Viste le dimensioni, la ferocia e la gravità delle violenze, unite alla ripetitività, alla generalizzazione degli obiettivi e alle analogie osservate nel modus operandi, il rapporto afferma che è ragionevole ipotizzare che questi orrori possano essere definiti crimini di guerra o crimini contro l’umanità"

In merito anche Amnesty International ha riferito un agghiacciante episodio. Nell'ottobre dell’anno scorso, i soldati sud-sudanesi hanno deliberatamente soffocato oltre 60 uomini e bambini rinchiusi con le mani legate dietro la schiena in un container senza ventilazione. Una volta ottenuto l’obiettivo, hanno scaricato i cadaveri in un campo della città di Leer (Stato di Unity). Ora gli operatori di Amnesty International hanno trovato gli scheletri.

La guerra civile è iniziata nel 2013 quando il presidente Salva Kiir ha accusato il suo ex vice presidente Riek Machar di cercare di destabilizzarlo con un colpo di stato. Da allora quasi due milioni e mezzo di persone sono fuggite dalle loro case e dai loro villaggi e decine di migliaia di civili sono stati uccisi. Mentre nei campi profughi si può solo morire.





Articolo di


05 aprile 2016

Nelle prigioni libiche dove i migranti africani in transito vengono "violentati"

Gli uomini escono dal centro soltanto per lavorare i campi come schiavi. Le donne, in celle anguste, vengono violentate e restano spesso incinte.

Domenico Quirico, giornalista de "La Stampa". Nel 2011 fu rapito una prima volta in Libia e liberato dopo due giorni. Il 9 aprile 2013, mentre si trovava in Siria come inviato di guerra, di lui si perde ogni traccia. La prima notizia del suo rapimento giunge il 6 giugno quando viene diffusa la notizia che Quirico è ancora vivo. Viene infine liberato l'8 settembre 2013, dopo 5 mesi di sequestro, grazie ad un intervento dello Stato Italiano e infine riportato a casa.

Oggi Domenico Quirico è ancora in prima linea a raccontare la guerra e oggi ci regala questo racconto dalla prigione libica di Garabuli, dove i migranti africani rimangono prigionieri anche per diversi mesi e al volte per anni, in attesa di poter trovare un passaggio sui barconi verso l'Italia. E di prigioni come queste ce ne sono 12 solo a Tripoli.

È un racconto degli orrori, fatto di vessazioni, violenze, schiavitù, e degrado assoluto.

Prigione di Garabuli (Libia). Interno di una cella
Viaggio tra i migranti africani che non sono riusciti a partire dalla Libia. Il 322 restò fermo un istante, in ascolto. Nel cortile, scandito dalle porte delle celle, il sole invadeva le pareti nude di cemento, alte venti metri, ovunque è diffusa questa umida luce che produce ombre così tenui sui muraglioni giallastri. La rete di ferro che chiudeva il cielo, in alto, e lo metteva, anche lui, in prigione, e il filo spinato arrotolato come una parrucca disegnavano sottilissimi, quasi invisibili segni.

Era il restare immobile una vecchia regola dei migranti. Perché non si sa mai da che parte viene il pericolo e fino a quando non ti muovi hai sempre la possibilità che non ti vedano o che ti prendano per un cadavere. Semplice legge di natura, qualunque insetto la sa.

Non c’era rumore. La distribuzione del cibo doveva ancora cominciare, tutti i migranti erano chiusi nelle celle da cui veniva solo un lieve pianto di bimbi e le ninne nanne delle madri per farli rimanere tranquilli. I guardiani erano impegnati a discutere con me e due giornalisti spagnoli. Il 322 godeva fino all'ultimo istante il privilegio di esser lì fuori, sdraiato contro la parete calda di sole. Gli era toccata la fortuna di portar via le immondizie: trecentoventidue, un "anziano" anche se ha 24 anni.

Dopo ho scoperto che era qui da più di un anno e in lui si era accumulata una massa smisurata di sofferenze e di piccole vittorie, di miracolosi attimi di pace come questo e di abissi vuoti. Il campo di raccolta dei migranti di Garabuli sonnecchiava tranquillo al sole della primavera libica, indifferente ai drammi che conteneva come uno scrigno.

Nel cortile più piccolo quattro neri erano accucciati a terra, in fila davanti alla stanzetta del medico. Non ho mai visto nulla di così orribile quanto questa posizione da bestie, vestiti di stracci, le mosche che facevano nido nei capelli. Aspettavano tremando di febbre con un atteggiamento di così incrollabile rassegnazione come se avessero atteso già da centinaia di anni e sapessero che dovevano attendere ancora per altre centinaia.

Dal cortile della prigione non si poteva vedere la campagna adagiata nella limpida luce primaverile e neppure la linea azzurra del mare, appena oltre le file di olivi e di aranci. L’avevo attraversata tutta quella campagna, la strada bella ma malinconica serpeggiava a zig zag attraverso lunghi viali di eucalipti stanchi dell’inverno. I migranti li avevo già incontrati, in un tratto di landa a basse dune cespugliose di piantagioni di fave che racchiudevano il piatto orizzonte. Poca terra e molto cielo: erano apparentemente liberi, fatti uscire di giorno perché venduti ai contadini della zona per pochi dinari. Schiavi? Sì, schiavi, felici di poter, per qualche ora, vedere il sole, toccare la terra e l’erba grassa.

Sono venuto a Garabuli, sulla strada che porta da Tripoli a Misurata, per cercare i migranti, gli africani, che non ci infastidiscono, che non ci danno pensiero: perché il loro viaggio interminabile verso il mare e noi, si è fermato qui, forse per sempre. E sono diventati, a migliaia, prigionieri delle galere libiche, schiavi, ostaggi, vittime senza nome e senza memoria. Ci sono dodici "centri" come questo solo a Tripoli.

Da principio c’era solo il 322, poi, a un cenno di una guardia, le porte delle celle si spalancano e il cortile della prigione si affolla e pare che tutto l’edificio gridi. Grida dalla lunga fila delle donne che si allineano con l’automatismo dei reclusi, in mano la ciotola per il cibo, grida dalle celle dei maschi ancora serrate, spuntano dagli spioncini solo occhi che si accalcano come a respirare già la luce. Si sente solo quel grido improvviso come di bestie in gabbia che vedono la possibilità di muoversi, agitarsi, fuggire. Gridano contro il cielo che è tutto silenzio.

Il responsabile del centro è elegante, in giacca, pieno di premure e di informazioni. Scopre che, cinque anni fa, sono stato prigioniero dei soldati di Gheddafi: "anch'io anch'io" .. e mi mostra le sue medaglie di oppositore e di vittima, profonde cicatrici alle spalle e i segni di infinite operazioni alle gambe. Estrae dal portafoglio orribili foto: "Guarda guarda …! Mi fracassarono tutti i denti a calci e le ossa con i fucili, animali erano animali". E le foto si mischiano a quelle di lunghe file di migranti seduti a terra su un molo le braccia dietro la testa, le operazioni riuscite contro gli "africani"

Penso quanto sia terribile questo senso di grande e impersonale ingiustizia che prorompe nel momento in cui destini di sofferenza si incrociano, ma l’uno non riesce a specchiarsi nell'altro, ad attingervi. Il guardiano ha attraversato un terribile dolore, ma perché, ora, quegli uomini quelle donne quei bimbi che custodisce non gli parlano, sono numeri come era lui nelle mani dei poliziotti di Gheddafi? Il nostro sentimento, la nostra pietà forse non sa contare, non diventa più intenso con le cifre. Sa contare solo fino ad uno. Se stesso.

Alla parete dell’ufficio sono appoggiati i kalashnikov e una mitragliera pesante. Due dei guardiani, ragazzi grossi dall'aria impacciata, mi guardano perplessi. Uno di loro sillaba due parole in italiano, ha vissuto a Brescia. "Che facevi in Italia?" chiedo, ingenuo. Mi guarda in silenzio.

"Gli africani restano qui poco tempo, li vestiamo diamo loro da mangiare, li mettiamo in contatto con le ambasciate dei loro Paesi che organizzano il ritorno in patria, tutto funziona bene"

Mi fanno entrare nella prigione. Lo so: è molto difficile amare degli uomini che non sono nulla per noi, che non ci possono domandare nulla e forse non vorrebbero nemmeno il nostro aiuto. È difficile amare questi uomini e tuttavia essi sono la realtà vivente e presente del popolo dei migranti, soprattutto quelli che non vediamo. Il cui calvario non è riuscito.

Rimasti senza denaro, dopo un viaggio di anni, si sono fermati in Libia per raccogliere l’ultimo pugno di dollari e guadagnarsi il mare. La trappola è scattata. Il verdetto per loro è certo, oscura la colpa. Li ha pedinati di tugurio in tugurio, a Tripoli, Misurata, Zuara, nei porti di imbarco, attraverso i cafarnai sudici di città zeppe di moschee e inutili preghiere. Prima o poi viene a stanarli ed è la prigione dove non resta loro, per mesi, per anni, che lamentarsi di essere nati e cioè puniti a camminare, a partire. Da chissà chi, chissà perché.

Prigione di Garabuli (Libia). Le celle
Entro nella prigione, i guardiani non sembrano preoccuparsi che io parli con i prigionieri. Una cella delle donne è aperta, fetida fredda angusta, forse dieci persone ci starebbero, ne conto almeno cinquanta e i bambini, i bambini .. La finestrella è piccola ma lascia filtrare la luce. Il quadrato infuocato del sole che si stampa sul pavimento è come il marchio della segregazione dal mondo.

Un tanfo di odore umano, di cibo cattivo, di urina e di escrementi avvolge le stuoie allineate l’una all'altra, non c’è spazio, per muoversi bisogna calpestare chi ti sta vicino. Sulle pareti leggo infinite scritte: "dio è grande", "io amo la vita". Una donna grossa, è seduta per terra in un angolo. Tiene un bambino attaccato al seno scoperto. Siede con la straordinaria dignità di un animale sano e con il diritto di una madre, fra quel frastuono e quella sporcizia. E i suoi occhi sono solo per il suo bambino.

Una ragazza giovane, eritrea, esile, bellissima non è uscita per il cibo. I suoi occhi mi fissano pieni di semplice calore umano. Accarezza le dita di una collega con infinita dolcezza e mi vengono in mente le parole di Giobbe: "quello che temevo mi è accaduto, ciò che mi atterriva mi è toccato ..". È incinta di quattro mesi ed è qui da più di un anno. Quante tra loro, quanti di questi bimbi (frutto di violenze)?

L’attesa le ha fatto perdere il turno, le altre rientrano con le ciotole del cibo, lo spartiscono avidamente. Per lei non resta nulla. Si rivolge ai guardiani che la guardano interrogativi. Spiego per lei, è rimasta senza mangiare. "Che importa, guarda che questa è diventata pazza, torna in cella .."

Adesso gli uomini, tutti giovani, ragazzi, mi si affollano intorno. "Ti prego ti prego, chiediamo aiuto, fai sapere che siamo qui da mesi da anni. Ci hanno rastrellati nella notte, preso i documenti, i telefonini, derubato di tutto. Eppure lavoravamo per i libici, senza dare fastidio, per pochi dinari. Qui ci sfruttano, ci chiedono denaro e ci maltrattano. Molti sono malati. Non abbiamo mai potuto avvertire le nostre famiglie, chiedere aiuto. Le ambasciate? quali ambasciate? È venuto una volta un funzionario di quella nigeriana. È andato via senza neppure parlare con i suoi"

A Tripoli, vicino al vecchio "suq" (mercato) turco dove si cambiano milioni al mercato nero, alcuni giovani africani aspettano stando seduti dentro delle carriole. A un cenno qualcuno di loro si alza e corre a caricare enormi, pesanti valigie seguendo libici indaffarati: sono zeppe di denaro. Forse stanotte busseranno alla porta anche della loro tana.
(Domenico Quirico, La Stampa)

Garabuli, Libia, luogo in cui questo articolo è stato realizzato




Articolo a cura di

04 aprile 2016

Le mine anti-uomo uccidono dieci persone al giorno

Ogni giorno dieci persone nel mondo muoiono per le mine anti-persona e un terzo di queste sono bambini, spesso attratti dagli ordigni perché scambiati per giocattoli.

Rispetto al 1997, anno in cui 160 Paesi siglarono a Ottawa il trattato che le mette al bando, il numero delle vittime si è ridotto del 75%, grazie allo sforzo congiunto dei Paesi più toccati dal problema, delle organizzazioni anti-mine e dell'ONU. Tuttavia, nel mondo oltre 100 milioni di questi ordigni restano inesplosi, pronti a uccidere a "dispetto" di qualsiasi tregua o trattato di pace. Ed è su questo che il mondo focalizza la sua attenzione in occasione della giornata per la promozione e l'assistenza all'azione contro le mine che si celebra ogni 4 aprile.

Nella battaglia contro i "soldati perfetti", come vengono chiamati gli ordigni, Mine Action, secondo il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon, ha un ruolo fondamentale per ottenere una risposta umanitaria effettiva, sia nelle situazioni di conflitto che di post conflitto.

"La Mine Action deve essere considerata un investimento per l'umanità, poiché contribuisce a far crescere società pacifiche in cui coloro che ne hanno bisogno possono ricevere cure, i rifugiati e gli sfollati possono fare ritorno alle loro case in sicurezza, ed i bambini possono andare a scuola, oltre a fornire contesti sicuri in cui intraprendere la ricostruzione e riavviare lo sviluppo, gettando le fondamenta per una pace sostenibile"

Il rischio di mettere il piede su una mina anti-uomo è tutt'oggi un rischio reale in 57 Paesi, tra cui 33 nazioni che hanno aderito al Trattato di Ottawa il cui obiettivo principale è quello di disinnescare il pianeta entro il 2025. Tuttavia ogni anno vengono ancora prodotti circa 10 milioni di mine. In fondo al Trattato manca infatti la firma di alcuni grandi produttori come Cina, Russia e Stati Uniti. Stati Uniti che però l'anno scorso hanno annunciato lo stop alla produzione e impiego delle mine.

Mappa del rischio mine anti-uomo nel mondo
Gruppi e bande armate non statali continuano a fare uso di mine o di ordigni esplosivi improvvisati molto simili in diversi Paesi tra cui Afghanistan, Colombia, Tunisia, Angola, Myanmar, dove cui le mine mietono più vittime, e ancora Ucraina, Libia, Siria.

In Italia "Il nostro Paese, l'Italia, ha completato la distruzione delle scorte di munizioni cluster il 31 ottobre 2015 con cinque anni di anticipo sulla data prevista. La missione permanente italiana presso Ginevra ha comunicato all'Implementation Support Unite (ISU) della Convenzione sulle Munizioni Cluster. L'Italia aveva dichiarato di possedere un totale di 5.113 munizioni cluster e 2,8 milioni di sub-munizioni nel 2015.

Al nostro paese, in quanto Stato Parte della Convenzione sulle Munizioni Cluster, era stato richiesto, secondo l'art.3 della Convenzione, di distruggere tutte le scorte di munizioni cluster sotto la propria giurisdizione e controllo, nel più breve tempo possibile, e non oltre il 1 marzo 2020"



Articolo a cura di

In Nigeria non si può più essere cristiani

Bambini e neonati uccisi, donne e disabili massacrati, case incendiate. Racconto della strage di Natale per mano dei pastori...