17 marzo 2016

Ragazze nigeriane, sventato rischio di rimpatrio. L'Italia viola i diritti umani

Migranti, denuncia in Senato. "Hotspot illegali. Espulsi anche i minori"

Hotspot, Pozzallo (Ragusa)
Hotspot illegali, luoghi di respingimento più che di prima accoglienza, dove le leggi italiane, la convenzione di Ginevra e le leggi europee sul diritto d’asilo sono violate quotidianamente. È questa la denuncia che diverse organizzazioni umanitarie, come Arci, Medici senza Frontiere, il Consiglio italiano per i rifugiati e tante altre sedute al tavolo nazionale Asilo, hanno fatto in Senato.

"Abbiamo riscontrato gravi violazioni dei diritti umani, vengono fatte discriminazioni in base alla nazionalità, sono espulsi automaticamente gambiani e nigeriani, quando la procedura prevede di valutare la storia individuale del soggetto richiedente asilo". È quanto afferma Luigi Manconi, il presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani in Senato.

"Non viene fornita assistenza di base, nessuna cura sanitaria, vengono sbattuti per strada anche senza beni primari come vestiti o cibo. Senza nessun tipo d’informazioni, senza l’ausilio di interpreti sono costretti a firmare un foglio di via in cui c’è scritto che entro una settimana devono lasciare il paese. Procedure illegittime che sono state cassate anche nei tribunali dove abbiamo impugnato tali provvedimenti di respingimento differito"

"Anche i minori, che secondo legge dovrebbero essere accolti in ogni caso, sono stati sottoposti a tale procedura discriminante". Le organizzazioni chiedono al governo di poter monitorare gli Hotspot e fornire assistenza e informazioni sul diritto d’asilo ai migranti appena sbarcati in Sicilia - Leggi di più -

Ragazze nigeriane, sventato il rischio del rimpatrio e la consegna nelle mani dei trafficanti
Anche noi ci eravamo adoperati per segnalare il caso di Prudence e delle altre giovani nigeriane che rischiavano di essere riconsegnate nelle mani della criminalità organizzata - Leggi -

Grazie all'intervento di avvocati, attivisti e operatori sociali che si è evitato un rimpatrio collettivo, probabilmente già programmato dalle autorità italiane in accordo con l'ambasciata della Nigeria e con Frontex. L'operazione denunciata dall'Associazione A Buon Diritto e dalla cooperativa sociale Be Free.

"Papa Francesco ha detto che respingere i migranti è un atto di guerra, per parafrasarlo direi allora che queste donne sono prigioniere di guerra". Commenta così Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, la vicenda di 68 giovanissime nigeriane, sbarcate a Lampedusa e trasferite in pochi giorni al Centro di Identificazione e Espulsione di Ponte Galeria, nella periferia di Roma. Si tratta di ragazze sole, appena maggiorenni e provate da viaggi estenuanti, il cui destino rischiava di cambiare improvvisamente direzione, riportandole nel paese da cui erano fuggite.

Avvocati e attivisti in soccorso. È grazie all'intervento di avvocati, attivisti e operatori sociali che si è evitato un rimpatrio collettivo, probabilmente già programmato dalle autorità italiane in accordo con l'ambasciata della Nigeria. Un volo coordinato dall'agenzia Frontex, che le avrebbe riconsegnate nelle mani di aguzzini o portate comunque in situazioni di grande rischio.

Un segnale preoccupante. "Cose del genere non si vedevano dal 2009-2010, all'epoca dei famosi respingimenti in mare per cui l'Italia è stata poi condannata dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo. Un segnale preoccupante che conferma come i CIE siano luoghi di negazione continua del diritto"

Tre mesi di inferno. Le ragazze hanno raccontato di essere partite tre mesi fa dalla Nigeria e di aver viaggiato fino alla Libia, dove molte avrebbero subito violenze, sarebbero state rapite, incarcerate e costrette a lavori forzati.
  • Una di loro ha detto di essere stata accompagnata da una signora dalla Nigeria a Tripoli, per poi essere consegnata a un uomo che l'ha stuprata, segregata in casa e costretta a prostituirsi.
  • Un'altra era addirittura sfuggita ad un attentato di Boko Haran (ad Abija nell'aprile 2014), nel quale era rimasta ferita e di cui ha ancora i segni sul corpo.

Uno sfruttamento senza sosta, terminato solo con la partenza via mare. "Tutte dicono di non aver pagato niente per il viaggio fino alla Libia né per imbarcarsi verso l'Italia, segnale chiaro che c'è un'organizzazione criminale che tiene le fila di tutto e che aspetta le donne per sfruttarle in Italia o in altri paesi europei". Gran parte delle giovani sono arrivate a Lampedusa in e portate subito nel Centro di primo soccorso e accoglienza. È a quel punto che sono state trasferite in aereo a Roma e rinchiuse nel CIE.

Persone senza tutela. Spiega un avvocato che rappresenta alcune delle ragazze "Ho capito subito che un addetto del consolato della Nigeria aveva incontrato le ragazze poche ore dopo l'arrivo al Centro, dando il via libera al rimpatrio". L'operazione è stata sventata all'ultimo minuto, spiegando alle giovani che avrebbero potuto chiedere asilo, un'opzione poi scelta da tutte.

Mancato riconoscimento dei diritti ma una burocrazia infame. "Formalizzare la richiesta d'asilo è stato però molto lungo e ad oggi solo un terzo delle ragazze ha ottenuto i primi documenti. A carico di queste ragazze c'è anche un decreto di espulsione emesso con solerzia inaspettata, ma mai consegnato alle interessate, tanto che non si sa dove depositare il ricorso contro il provvedimento"

Un rischio automatico. Un segnale ulteriore della mancanza d'attenzione verso donne destinate, nella gran parte dei casi, a rovinarsi la giovinezza sui marciapiedi d'Europa. "Per le ragazze nigeriane il rischio di sfruttamento è quasi automatico, e se rimpatriate possono essere facilmente rintracciate dai trafficanti e subire nuove violenze, possibile dunque che le istituzioni non abbiano pensato di proteggerle"??

Tanti "copioni" simili. Trafficanti o scafisti? L'esperienza delle donne destinate al mercato del sesso segue copioni tragicamente simili. Ricattate fisicamente e psicologicamente dai trafficanti, di cui spesso non conoscono la vera identità, vengono fatte viaggiare "gratis" dall'Africa all'Europa e, una volta arrivate, gli si dice che hanno un debito di diverse decine di migliaia di euro, e per rimborsarlo dovranno prostituirsi per anni.

"Il paradosso delle Procure sicliane". La legge anti-tratta italiana prevede una protezione delle vittime, tramite il disposto dell'articolo 18, ma oggi assistiamo a un paradosso. Le procure siciliane assegnano la protezione a chi denuncia gli scafisti, mentre le vittime della tratta, come queste donne, rischiano di tornare nelle mani dei trafficanti.

"Uno stravolgimento della norma, che finirebbe per assimilare la tratta, che è un reato contro la persona, alla riduzione in schiavitù, al traffico di persone, reato contro lo stato, finalizzato non a sfruttare ma a traghettare i migranti da una sponda all'altra"

Il campanello d'allarme nei dati. Anche i dati fanno suonare un campanello d'allarme: nel 2015 si è infatti triplicato, secondo l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, il numero di nigeriane arrivate via mare rispetto allo stesso periodo del 2014. "I trafficanti non stanno sulle barche, ma in Nigeria, Libia e Europa e l'unico modo per colpirli è proteggere le vittime e portarle a collaborare con la giustizia. Non, di certo, rimpatriarle in tempi rapidissimi"

Profughi nei CIE. "La situazione di paura in cui vivono queste ragazze, dentro una struttura completamente inadeguata e senza un sostegno legale e sociale, rischia di rendere inefficace anche la richiesta d'asilo"

L'ipotesi del rimpatrio e la riconsegna delle ragazze nelle mani di sfruttatori senza scrupoli. Una preoccupazione condivisa anche dal senatore Manconi, che ha parlato di "una tragedia irreparabile, in cui queste donne sono due volte vittime: dei trafficanti e del sistema detentivo dei CIE, mentre avrebbero bisogno di un trattamento completamente diverso"

Ai CIE associata l'idea di pericolosità sociale. "L'intenzione ormai chiara del governo di usare i CIE per i profughi, ampliando in qualche modo l'idea di una pericolosità sociale di queste persone e mettendo in un angolo la speranza che i Centri di Identificazione e Espulsione luoghi di detenzione, fuori dalla legge e dal tempo, fossero definitivamente chiusi". Una strada già intrapresa dalla prefettura di Trapani, che intende trasformare il CIE della provincia, uno dei cinque in Italia, in "hotspot" per migranti appena sbarcati, raddoppiandone la capienza.







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