24 dicembre 2015

Bambini in pericolo. Rapporto Unicef 2015

Bambini in pericolo, perseguitati, minacciati, malnutriti, bambini in fuga da guerre, sfruttati, derubati dell'infanzia.


Ogni giorno, in ogni angolo del mondo, milioni di bambini sono in pericolo. Molti vivono in paesi come Eritrea, Nigeria, Sudan, Siria, Iraq o Afghanistan, paesi in conflitto, in povertà estrema, senza la protezione e le cure di cui avrebbero bisogno. Sono bambini in pericolo che non hanno sceltaBambini che vivono nelle zone sotto assedio, in quelle colpite da catastrofi naturali, nelle strade di città in degrado o nei villaggi più isolati. Tutti i bambini hanno diritto di crescere sani, giocare, di andare a scuola, di avere opportunità.
  • Conflitti e Guerre. 232 milioni di bambini vivono in zone e regioni coinvolte da conflitti armati. Nel mondo circa 250.000 bambini e bambine sono costretti a imbracciare un'arma. Da Siria e Iraq al Sud Sudan e alla Repubblica Centrafricana, guerre e conflitti mettono in pericolo milioni di bambini: traumi fisici e psicologici, malattie e malnutrizione, violenza e sfruttamento.
  • Violenza. 12 milioni di bambini nel mondo sono vittime di violenza sessuale, 6 bambini su 10 sono soggetti a maltrattamenti e punizioni fisiche.
  • Malattie. 16.000 bambini perdono la vita ogni giorno prima dei 5 anni per malattie curabili o prevenibili con le vaccinazioni.
  • Malnutrizione. 200 milioni di bambini nel mondo soffrono di malnutrizione. Ogni anno quasi la metà dei bambini sotto i cinque anni muore per cause a essa correlate.
  • Disastri naturali. 175 milioni di bambini rischiano ogni anno di essere colpiti da disastri naturali. Durante un'alluvione, un terremoto o un tifone, i bambini sono i più vulnerabili ed esposti anche a malattie, malnutrizione, violenza e sfruttamento.
  • Lavoro. 150 milioni di bambini tra i 5 e 14 anni coinvolti, nei Paesi in via di sviluppo, in forme di lavoro minorile dannose per la loro salute e il loro sviluppo. Lavori che li condannano a una vita senza giochi né istruzione.
Bambini e Violenza
  • Nel mondo si stima siano 12 milioni i bambini vittime di violenza sessuale e 95.000 sono gli omicidi.
  • Un quinto di tutti i bambini uccisi hanno meno di 19 anni, un terzo di questi hanno meno di 10 anni.
  • Nel mondo, 6 bambini su 10 al mondo sono soggetti a maltrattamenti
  • Circa 3 adulti su 10 in tutto il mondo ritengono che la punizione fisica sia necessaria per crescere ed educare un bambino.
  • 4 bambini su 5 tra i 2 e 14 anni sono vittime di violenze domestiche.
  • Nel mondo, più di un terzo di tutti gli adolescenti sono vittime sistematiche di bullismo.
  • Quasi 1 studente su tre di età compresa tra i 13 e i 15 anni dice di essere stato coinvolto in uno o più scontri fisici negli ultimi 12 mesi.
Matrimoni infantili e Violenza sulle donne
  • Se non vi sarà alcuna riduzione nella pratica del matrimonio precoce, il numero di ragazze minorenni sposate ogni anno crescerà dai 15 milioni di oggi a 16,5 milioni nel 2030 a oltre 18 milioni nel 2050.
  • 28 milioni di adolescenti di età compresa tra 10 e 19 anni hanno subito mutilazioni genitali femminili/escissione.
  • Circa 1 ragazza sotto i 20 anni su 10 è stata violentata o costretta a compiere atti sessuali.
  • Quasi un quarto delle ragazze tra i 15 e i 19 anni riferisce di aver subito violenze dall'età di 15 anni.
  • Nel 2012, il 17% delle donne si sono sposate tra i 15 e i 19 anni di età.
Bambini e Povertà
  • Sebbene costituiscano un terzo della popolazione mondiale, i bambini rappresentano quasi la metà delle persone che vivono in condizioni di povertà estrema.
  • I bambini delle famiglie a basso reddito hanno 1,5 volte più probabilità di essere malnutriti rispetto a quelli in famiglie che appartengono nel 60% più alto dei redditi.
  • I bambini nati nelle famiglie più povere hanno probabilità quasi doppie di morire prima del loro quinto compleanno rispetto a quelli delle famiglie più ricche.
  • I bambini più poveri hanno probabilità cinque volte maggiori di non frequentare la scuola rispetto a quelli più ricchi.
  • In base a un’analisi compiuta su 54 paesi, i divari nelle percentuali di ritardo della crescita tra ricchi e poveri stanno aumentando nei paesi a basso reddito.
  • I bambini che vivono nelle famiglie più povere hanno probabilità fino a 10 volte inferiori di frequentare corsi di istruzione della prima infanzia rispetto a quelli provenienti dalle famiglie più ricche.
Mortalità Infantile
  • Ogni giorno circa 16.000 bambini perdono la vita prima dei 5 anni di età: 700 ogni ora, 11 al minuto. Nel 1990 ne morivano oltre 35.000.
  • Il 45% di tutti i decessi sotto i 5 anni avviene durante il periodo neonatale.
  • Nel 2015, 4,4 milioni di bambini sono morti prima di compiere il primo anno di vita.
  • A livello globale, Africa sub-sahariana e Asia meridionale contano insieme l’80% delle morti sotto i 5 anni.
  • Il rischio di morte a causa della diarrea è 4,6 volte maggiore per un bambino che soffre di disturbi della crescita.
Crisi umanitarie e Migrazioni
  • Si stima che 232 milioni di bambini vivano in zone e regioni coinvolti da conflitti armati.
  • Da gennaio a novembre 2015 sono stati registrati 793.000 arrivi via mare da migranti e rifugiati
  • Tra i richiedenti asilo 1 persona su 4 è un bambino; 215.000 bambini e adolescenti hanno cercato asilo nell'Unione Europea (tra gennaio e novembre 2015).
  • Si stima che circa 700 bambini abbaino perso la vita nel 2015 nel tentativo di raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo.
  • Nel 2013 si sono registrati 51,2 milioni di sfollati interni, la metà dei quali rappresentata da bambini.
  • Nel 2012, il 36% dei bambini che non andavano a scuola si trovava in paesi e regioni colpite da conflitti.
  • Nel 2014, il conflitto nel Sud Sudan ha provocato lo sfollamento di quasi 750.000 bambini, ha determinato in 235.000 bambini condizioni di malnutrizione acuta grave, ha esposto i bambini a un’epidemia di colera con più di 6.000 casi e 167 decessi, ha interrotto la frequenza scolastica per 400.000 bambini e ha causato il reclutamento di 12.000 bambini da parte di forze e gruppi armati.
  • Nei paesi colpiti dell’Africa occidentale, Ebola ha coinvolto quasi 10 milioni di bambini e giovani sotto i vent'anni.
  • Nel 2014, 15 milioni di bambini sono stati coinvolti in violenti conflitti in Iraq, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Stato di Palestina, Repubblica Araba di Siria e Ucraina.
Conflitti
  • In Siria, più di 7,6 milioni di persone sono sfollate.
  • 1,07 milioni di rifugiati siriani vivono in Libano.
  • Più di 2 milioni di bambini rifugiati hanno trovato riparo in Egitto, Iraq, Giordania, Libano e Turchia.
  • In Iraq, 1,3 milioni di bambini sono sfollati.
  • Nello Yemen, 2,3 milioni di bambini sono sfollati e 573 sono stati uccisi negli ultimi 6 mesi (Novembre 2015)
  • In Sud Sudan più di 1 milione di bambini sono sfollati a causa del conflitto.
  • In Nigeria, Camerun, Niger e Ciad, 1,4 milioni di bambini sono stati costretti a lasciare il loro paese a causa del gruppo armato di Boko Haram.
  • Un bambino su otto nato nel 2015, vive in zone di guerra.
Cambiamento climatico e Catastrofi naturali
  • Secondo le stime, ogni anno 175 milioni di bambini rischiano di essere colpiti da disastri naturali. La maggior parte di loro deve far fronte allo sconvolgimento della propria formazione scolastica.
  • Nel 2013, 22 milioni di persone sono state strappate alle loro case e costrette a sfollare a causa di disastri provocati da pericoli naturali.
  • Il clima è responsabile del 75% di tutti i disastri.
  • I pericoli naturali e il degrado ambientale, comprendente eventi collegati al cambiamento climatico, possono determinare tensioni e conflitti dovuti alla scarsità di risorse.
Malnutrizione
  • Nel mondo oltre 200 milioni di bambini soffrono di malnutrizione.
  • Circa il 45% delle morti infantili ha come causa concomitante la malnutrizione, cioè quasi la metà dei 5,9 milioni di decessi infantili sotto i 5 anni registrati nel 2015.
  • Anche grazie al contributo dell’UNICEF, tra il 1990 e il 2014 i tassi di malnutrizione cronica sono diminuiti dal 39,4% al 23,8%, con i tassi di malnutrizione acuta che si attestano all'8%.
  • Dalla fine del 2010 l’UNICEF Italia ha sostenuto 10 progetti contro la malnutrizione, trasferendo, grazie alle generosità dei donatori italiani, oltre 27,7 milioni di euro - 9 in Africa e 1 in Asia.
Lavoro Minorile
  • Nei paesi in via di sviluppo, sono 150 milioni i bambini tra i 5 e 14 anni coinvolti nel lavoro minorile.
  • La più alta percentuale di bambini lavoratori si trova in Africa sub-sahariana (25% tra i 5 e i 14 anni). In Asia meridionale il 12% dei bambini contro il 5% dei bambini che vivono in Europa centrale e orientale e Comunità degli Stati Indipendenti.
  • In Asia meridionale sono 77 milioni i bambini lavoratori. In Pakistan l’88% dei bambini tra i 7 e i 14 anni che non vanno a scuola, lavora; in Bangladesh sono il 48%, in India il 40% e in Sri Lanka il 10%.
Bambini Soldato
  • Nella Repubblica Centrafricana sono tra i 6.000 e i 10.000 i bambini associati a gruppi armati nel paese.
  • In Sud Sudan i bambini e le bambine soldato sarebbero tra 15.000 e i 16.000, arruolati da entrambe le fazioni in lotta.
  • In Nigeria il gruppo jihadista Boko Haram costringe i bambini ad uccidere i civili durante gli assalti ai villaggi. Nel 2014 almeno cento bambini, per lo più bambine, sono state utilizzate come vere e proprie bombe umane in decine di attentati.
  • Nel 2014, nella Repubblica Centrafricana, l’UNICEF e i suoi partner hanno garantito il rilascio di oltre 2.800 bambini tra questi anche 646 ragazze, provenienti da gruppi armati. Nel 2013 i bambini rilasciati da gruppi armati sono stati 500.
  • Dall'inizio del conflitto nello Yemen, l’UNICEF stima che circa 1/3 dei combattenti siano bambini.
Istruzione
  • Nell'Africa sub-sahariana 29 milioni di bambini non hanno accesso all'istruzione primaria, l'83% sono bambine
  • Nel mondo sono 121 milioni i bambini che non hanno mai avuto la possibilità di andare a scuola.
  • In Africa solo 3 bambine su 10 riescono a completare l'intero ciclo scolastico. Resta grave il problema dell'alfabetizzazione femminile nel continente africano.
(fonte dei dati: Unicef Italia)





Articolo a cura di

Maris Davis



18 dicembre 2015

Migranti, quasi 60 milioni di persone costrette a fuggire in tutto il mondo

Secondo l'ultimo rapporto "Global Trends" dell'UNHCR sono quasi 60 milioni le persone costrette a fuggire dalle loro case in tutto il mondo. Le migrazioni forzate su scala mondiale provocate da guerre, conflitti e persecuzioni hanno raggiunto i massimi livelli registrati sinora dalla fine della seconda guerra mondiale, e i numeri sono in rapida accelerazione.

Sono 59,5 milioni di migranti forzati alla fine del 2014 rispetto ai 51,2 milioni di un anno prima e ai 37,5 milioni di dieci anni fa. L'incremento rispetto al 2013 è stato il più alto mai registrato in un solo anno. L'accelerazione principale è iniziata nei primi mesi del 2011, quando è scoppiata la guerra in Siria, diventata la principale causa di migrazione forzata a livello mondiale.

Nel 2014, ogni giorno 42.500 persone in media sono diventate rifugiate, richiedenti asilo o sfollati interni, dato che corrisponde a un aumento di quattro volte in soli quattro anni. In tutto il mondo, una persona ogni 122 è attualmente un rifugiato, uno sfollato interno o un richiedente asilo. Se i 59,5 migranti forzati nel mondo componessero una nazione, sarebbe la ventiquattresima al mondo per numero di abitanti.

"Siamo di fronte ad un cambio di paradigma, a un incontrollato piano inclinato in un'epoca in cui la scala delle migrazioni forzate, così come le necessarie risposte, fanno chiaramente sembrare insignificante qualsiasi cosa vista prima. È terrificante che da un lato coloro che fanno scoppiare i conflitti risultano sempre più impuniti, e dall'altro sembra esserci apparentemente una totale incapacità da parte della comunità internazionale a lavorare insieme per fermare le guerre e costruire e mantenere la pace"

Negli ultimi cinque anni, sono scoppiati o si sono riattivati almeno 15 conflitti:
  • otto in Africa (Costa d'Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, nord-est della Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e quest'anno Burundi);
  • tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e Yemen);
  • uno in Europa (Ucraina);
  • tre in Asia (Kirghizistan, e diverse aree del Myanmar e del Pakistan).
Solo poche di queste crisi possono dirsi risolte e la maggior parte di esse continuano a generare nuovi esodi forzati. Nel 2014 solamente 126.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nei loro paesi d'origine, il numero più basso in 31 anni.

Nel frattempo, durano da decenni le condizioni di instabilità e conflitto in Afghanistan, Somalia e in altri paesi, e ciò implica che milioni di persone provenienti da questi luoghi continuano a spostarsi o, come si verifica sempre più spesso, rimangono confinate per anni nelle periferie della società, nella paralizzante incertezza di essere degli sfollati interni o dei rifugiati a lungo termine.

Tra le conseguenze più recenti e ben visibili dei conflitti in corso nel mondo e delle terribili sofferenze che provocano può essere indicata la drammatica crescita del numero di rifugiati che per cercare sicurezza intraprendono pericolosi viaggi in mare, nel Mediterraneo, nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso, oltre che nel sud est asiatico.

Metà sono bambini. Solo nel 2014 ci sono stati 13,9 milioni nuovi migranti forzati, quattro volte il numero del 2010. A livello mondiale si sono contati 19,5 milioni di rifugiati (rispetto ai 16,7 milioni del 2013), 38,2 milioni di sfollati all'interno del proprio paese (rispetto ai 33,3 milioni del 2013) e 1,8 milioni di persone in attesa dell'esito delle domande di asilo (contro i 1,2 milioni del 2013). Il dato più allarmante è che più della metà dei rifugiati a livello mondiale sono bambini.

"A causa delle enormi carenze di finanziamenti e degli ampi divari nel regime globale per la protezione delle vittime di guerra, molte persone bisognose di compassione, aiuto e rifugio vengono abbandonate a loro stesse. In un'era di esodi forzati di massa senza precedenti, abbiamo bisogno di una risposta umanitaria senza precedenti e di un rinnovato impegno globale in favore della tolleranza e della protezione delle persone in fuga da conflitti e persecuzioni"

A livello globale la Siria è il paese da cui ha origine il maggior numero sia di sfollati interni (7,6 milioni) che di rifugiati (3.880.000 alla fine del 2014). L’Afghanistan (2.590.000) e la Somalia (1,1 milioni) si classificano al secondo e al terzo posto.

Anche nel contesto di una forte crescita nel numero di migranti forzati, la distribuzione globale dei rifugiati resta fortemente sbilanciata verso le nazioni meno ricche, mentre le più ricche risultano interessate in misura inferiore. Quasi 9 rifugiati su 10 (86 per cento) si trovavano in regioni e paesi considerati economicamente meno sviluppati. Nel 2014 più di un quarto di tutti i rifugiati erano collocati in paesi che si trovavano classificati nella lista delle Nazioni meno sviluppate.

Europa (+51%). Il conflitto in Ucraina, il numero record di 219.000 attraversamenti del Mediterraneo e la consistente presenza di rifugiati siriani in Turchia, che ha portato la Turchia a diventare nel 2014 il principale paese di accoglienza di rifugiati al mondo, con 1,59 milioni di rifugiati siriani presenti alla fine dell'anno, hanno attirato l’attenzione del pubblico, sia in termini positivi che negativi, sulle questioni relative ai rifugiati.

Nell'Unione Europea, i paesi che hanno ricevuto il maggior numero di domande di asilo sono stati la Germania e la Svezia. Nel complesso, a fine anno il numero di migranti forzati in Europa ha raggiunto quota 6,7 milioni, rispetto ai 4,4 milioni alla fine del 2013, con la percentuale più elevate registrate tra i siriani presenti in Turchia e gli ucraini nella Federazione Russa.

Medio Oriente e Nord Africa (+19%). L'intensa sofferenza provocata dalla guerra di Siria, con 7,6 milioni di sfollati interni e 3,8 milioni rifugiati nella regione circostante e non solo, ha già da sola reso il Medio Oriente l’area geografica da cui ha origine e che allo stesso tempo ospita il maggior numero di migranti forzati nel mondo. Ad aggiungersi all'allarmante crisi siriana, va considerato il nuovo esodo interno di almeno 2,6 milioni di persone in Iraq (a causa dell'ISIS), che ha portato a 3,6 milioni il totale di sfollati interni alla fine del 2014, cui vanno a sommarsi 309.000 nuovi rifugiati in Libia.

Africa sub-sahariana (+17%). Anche se spesso trascurati, numerosi conflitti in Africa, tra cui la Repubblica Centrafricana, il Sud Sudan, la Somalia, la Nigeria, la Repubblica Democratica del Congo e altri, hanno nel loro insieme provocato un enorme numero di migranti forzati nel corso del 2014, su una scala solo leggermente inferiore rispetto al Medio Oriente.

Complessivamente, nell'Africa sub-sahariana si sono contati 3,7 milioni di rifugiati e 11,4 milioni di sfollati interni, 4,5 milioni dei quali nuovi sfollati nel 2014. L’incremento complessivo del 17 per cento è stato calcolato escludendo la Nigeria che è considerata come anomalia dal punto di vista statistico, dal momento che nel corso del 2014 solo in Nigeria si sono verificati più di 2 milioni di profughi interni a causa degli attacchi di Boko Haram. L'Etiopia ha sostituito il Kenya come più grande paese di accoglienza di rifugiati in Africa, classificandosi il quinto a livello mondiale.

Asia (+31%). Da tempo una delle principali regioni di origine di migranti forzati a livello mondiale, il numero di rifugiati e sfollati interni in Asia è cresciuto del 31 per cento nel 2014, raggiungendo la cifra di 9 milioni di persone. L’Afghanistan, in precedenza il principale produttore al mondo di rifugiati, ha ceduto il triste primato alla Siria. Nel 2014 si è anche assistito a continue migrazioni forzate dal Myanmar, compresi i Rohingya in fuga dallo stato di Rakhine e nelle regioni di Kachin e di Northern Shan. L’Iran e il Pakistan continuano ad essere due tra i primi quattro paesi che accolgono rifugiati a livello mondiale.

Americhe (+12%). Anche nelle Americhe si è assistito a un incremento delle migrazioni forzate. Nel corso dell'anno il numero di rifugiati colombiani è sceso da 360.300 a 36.300, anche se ciò è avvenuto principalmente a causa di una revisione del numero di rifugiati segnalati dal Venezuela. La Colombia ha continuato, tuttavia, ad avere una delle più grandi popolazioni di sfollati interni del mondo, stimata in circa 6 milioni di persone, con 137.000 nuovi sfollati interni colombiani durante l'anno. L’aumento del numero di persone in fuga dalla violenza delle bande o da altre forme di persecuzione in America centrale ha anche provocato un incremento di 36.800 unità (pari al 44 per cento) nelle domande d'asilo presentate negli Stati Uniti rispetto al 2013.

Il 2015. Con quasi un milione di rifugiati e migranti che finora hanno attraversato il Mediterraneo e i conflitti in Siria e altrove che continuano a provocare incredibili livelli di sofferenza, il nuovo rapporto dell'UNHCR avverte che nel 2015 si potrebbero superare tutti i precedenti record di migrazioni forzate.

Il rapporto Mid Year Trend dell’UNHCR copre il periodo tra gennaio a giugno del 2015, ed ha come focus le migrazioni forzate causate da conflitti e persecuzioni. Tale rapporto mostra trend in rosso per le tre maggiori categorie di migrazioni forzate, rifugiati, richiedenti asilo e persone costrette a fuggire all'interno dei loro paesi.

Il numero totale dei rifugiati nel mondo, che un anno fa era di 19,5 milioni, ha superato la soglia dei 20 milioni (20,2 milioni) a metà del 2015, per la prima volta dal 1992. Le richieste d’asilo sono aumentate del 78 per cento (993,600) rispetto allo stesso periodo del 2014 mentre il numero di sfollati interni è salito di 2 milioni, fino a circa 34 milioni. Il 2015 potrebbe essere l’anno in cui le persone costrette a fuggire supereranno i 60 milioni per la prima volta. Ad oggi, una persona su 122 è stata costretta ad abbandonare la propria casa.

"Le migrazioni forzate hanno una grande influenza sui nostri tempi. Toccano le vite di milioni di esseri umani come noi – sia quelli costretti a fuggire che quelli che forniscono loro riparo e protezione. Non c’è mai stato così tanto bisogno di tolleranza, compassione e solidarietà con le persone che hanno perso tutto"

La percentuale di rimpatri volontari, che indica il numero di rifugiati che hanno la possibilità di tornare a casa e misura lo stato dei conflitti a livello mondiale, ha raggiunto il livello più basso degli ultimi tre decenni (circa 84,000 persone, contro le 107,000 dello stesso periodo un anno fa). In pratica, chi diventa rifugiato oggi ha le probabilità di tornare a casa più basse degli ultimi 30 anni.

Anche il nuovo numero di rifugiati è aumentato vertiginosamente: circa 839,000 in soli 6 mesi, equivalente a una media di circa 4,600 persone costrette ogni giorno ad abbandonare il proprio paese. La guerra in Siria rimane la crisi che crea il maggior numero di rifugiati e sfollati interni. Ad ogni modo, il rapporto sottolinea che, anche escludendo dal calcolo il conflitto siriano, la tendenza generale è quella di un aumento delle migrazioni forzate in tutto il mondo.
(Fonte e Dati UNHCR)


Global Trends 2014
(UNHCR)
- Download Report -
Mid Year Global
Trend 2015 (UNHCR)
- Download Report -

Convenzione ONU sulla protezione dei lavoratori migranti (18 dicembre 1990). Tra i diritti enunciati nella convenzione vi sono il diritto a lasciare il proprio Paese d’origine, il diritto alla vita, a non essere sottoposti a tortura o a trattamenti inumani e degradanti, alla libertà di pensiero, coscienza e religione, senza alcuna distinzione in termini di età, sesso, credo religioso o .. condizioni di irregolarità nel paese ospitante.

Un documento dunque importante a tutela dei diritti fondamentali della persona, tanto attuale quanto messo in sordina proprio quando milioni di profughi e migranti fuggono dalla guerra, ma anche dalla povertà.

Nell’Europa assediata dall'emergenza umanitaria, nessuno dei paesi che sono meta di migranti e profughi, nemmeno l'Italia, ha ancora ratificato quella Convenzione di 25 anni fa.




Articolo a cura di

11 dicembre 2015

In Nigeria per colpa dell'Islam chi studia muore

Muhammadu Buhari, neo presidente della Nigeria, aveva promesso di sgominare Boko Haram entro la fine del 2015. Mancano venti giorni alla fine dell'anno e Boko Haram sta ancora insanguinando le regioni del nord-est dove nell'ultimo mese ha messo a segno una serie di sanguinosi attentati a Maiduguri. Ha colpito anche oltre frontiera, in Camerun. Che la guerra contro i terroristi di Boko Haram non terminerà presto sono ormai convinti anche analisti e militari nigeriani.

Boko Haram è una spina nel fianco e le mancate promesse del neo presidente nigeriano rischiano di avere conseguenze anche psicologiche, oltre che politiche. Tuttavia sono innegabili i successi compiuti dall’esercito nigeriano negli ultimi mesi.

L’esercito nigeriano ha strappato a Boko Haram vasti territori, liberato villaggi e centinaia di ostaggi. Ma tutto ciò non sembra bastare perché i miliziani islamici usano perfino le bambine per mettere bombe, costringono le ragazze rapite a combattere e a uccidere durante i loro attacchi ai villaggi.

Chi studia, muore. Boko Haram ha distrutto più di mille scuole in Nigeria. Solo quest’anno nella regione del nord-est 1.100 istituti scolastici sono stati distrutti o danneggiati a causa di Boko Haram. A Maiduguri si va in classe due giorni a settimana.

Tra il 2014 e il 2015 Boko Haram ha ucciso più persone dell'ISIS (oltre dodicimila), guadagnandosi lo scettro di gruppo terroristico più feroce del mondo. Ma c’è un’altra vittima illustre dei jihadisti in Nigeria: l’educazione. Solo nel 2015, infatti, e solo nella regione del lago Ciad, attorno al quale Boko Haram combatte senza sosta nel nord della Nigeria, sono state chiuse o distrutte più di 1.100 scuole.

Seicento insegnanti uccisi. Tra il 2009 e l'ottobre di quest'anno i terroristi islamici hanno ucciso più di 600 insegnanti. Boko Haram letteralmente significa “l’educazione occidentale è peccato” e dal 2009 tempesta il nord del paese per cacciare tutti i cristiani e fondare uno Stato islamico. Uno dei primi obiettivi dei jihadisti sono le scuole, colpevoli di insegnare altre materie oltre al Corano e di essere plagiate dai successori dei colonizzatori occidentali.

Docenti in fuga. Oltre a quelli uccisi, altri 19 mila professori sono scappati dalle scuole dove insegnavano a causa della violenza. Migliaia di altri sono stati minacciati, feriti o rapiti. Un insegnante della città di Maiduguri, capitale del Borno State, dove gli attentati si susseguono da anni racconta "È da 20 anni che insegno. Sono sempre spaventato di entrare in classe. La maggior parte dei miei colleghi è stata uccisa o ferita. In città le lezioni si tengono solo due giorni a settimana e quando è periodo di esami contingenti dell’esercito vengono schierati a protezione degli edifici. Un sacco di volte ho pensato di cambiare lavoro a causa dell’insicurezza"

Chiunque può mettere una bomba. Il governo assicura di aver già aumentato al massimo la protezione ma le bombe continuano a scoppiare, magari nascoste tra i vestiti di qualche bambina o di qualche studente "Non c’è un cancello a bloccare l’entrata e nessuna guardia a vedere chi entra e chi esce. Chiunque potrebbe venire dentro e piazzare una bomba". Molti insegnanti nigeriani risolvono il problema della sicurezza rifiutando le proposte di lavoro che vengono dal nord-est del paese dove Boko Haram imperversa.



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10 dicembre 2015

Diritti Umani, nel 1948 furono codificati. Oggi, troppo spesso inapplicati

Eleanor Roosvelt presenta la Dichiarazione (1948)
Nel 1948 la nuova Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani aveva ormai catturato l’attenzione del mondo. Sotto l’attiva presidenza di Eleanor Roosevelt (vedova del presidente Franklin Roosevelt, paladina dei diritti umani e delegata degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite) la Commissione decise di redigere il documento che divenne la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Eleanor Roosevelt, la sua ispiratrice, parlò della Dichiarazione come della “Magna Carta internazionale dell’intera umanità”. Essa fu adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

Nel preambolo e nell'Articolo 1, la Dichiarazione proclama inequivocabilmente i diritti innati di ogni essere umano “La noncuranza e il disprezzo per i diritti umani hanno prodotto atti barbarici che hanno oltraggiato la coscienza dell’umanità, e l’avvento di un mondo dove gli esseri umani possono godere di libertà di parola e credo, libertà dalla paura e dalla povertà è stata proclamata come la più elevata aspirazione della gente comune .. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti

Gli stati membri delle Nazioni Unite si impegnarono a lavorare insieme per promuovere i trenta articoli sui diritti umani che, per la prima volta nella storia, sono stati riuniti e codificati in un singolo documento. Di conseguenza, molti di questi diritti, in varie forme, fanno oggi parte delle leggi costituzionali delle nazioni democratiche.

Nati Liberi e Uguali. Tutti gli uomini nascono liberi e uguali, tutti hanno libertà di pensiero e di espressione, tutti sono uguali davanti alla legge e possono chiedere asilo. Tutti hanno il diritto alla vita. Tutti hanno diritto all'istruzione e a realizzare una vita degna. Tutti, proprio tutti. Al di là della religione, della razza e del sesso e al di là dello Stato in cui vivono.

Mai prima di allora erano state scritte così chiare, nero su bianco. Nel 1948, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale gli Stati che nel ’45 avevano dato vita alle Nazioni Unite, compresero che "il riconoscimento della dignità di tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo", così si legge nel preambolo della Dichiarazione approvata il 10 dicembre a Parigi.

Oggi, in un tempo in cui si avverte forte la minaccia della guerra e del terrorismo, in cui la diseguaglianza ha raggiunto livelli insopportabili nel mondo, in cui i pregiudizi, il fondamentalismo di ogni tipo e il razzismo schiacciano le persone entro confini in cui l’esistenza è sempre più abbrutita, la Dichiarazione del ’48 appare come un faro nella notte.

Eleanor, la donna della Dichiarazione. C’è una donna dietro alla Dichiarazione universale dei diritti umani approvata il 10 dicembre 1948. Eleanor Roosevelt è considerata un po’ l’artefice della Carta nata dalle ceneri della seconda guerra mondiale.

Moglie di Franklin Delano Roosevelt, il padre del New Deal, e nipote di Teodore Roosevelt, altro presidente degli Stati Uniti. Eleanor per tutta la sua vita si è battuta per i diritti civili, delle donne e delle minoranze, ha guidato la reazione in patria sotto la seconda guerra mondiale e in seguito è stata una fiera oppositrice del maccartismo e della campagna anticomunista negli Usa sorta con la guerra fredda.

Ma non era sola quel 10 dicembre del 1948 a Parigi. Al Palais de Chaillot, davanti alla Tour Eiffel c’erano gli altri membri del comitato di redazione che portò all'approvazione dei trenta articoli più lungimiranti che siano mai stati scritti sui diritti degli esseri umani.

Come si arrivò alla Dichiarazione. Oltre a Eleanor, americana, c’erano altri personaggi che arrivavano dai quattro angoli del mondo. Eccoli, René Cassin, giurista e diplomatico francese, era uno dei principali ispiratori, anzi, è considerato il padre spirituale della Dichiarazione. Del resto la Francia aveva già rotto molti tabù con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789.

Poi c’era il canadese John Peters Humphrey, anche lui giurista e considerato uno dei padri del sistema di tutela dei diritti umani. E ancora, l’australiano William Hogdson, il cileno Hernan Santa Cruz, il sovietico Alexander Bogomolov, il libanese Charles Habib Malik, relatore del Comitato, il cinese Peng Chun Chang e il britannico Charles Dukes.

La dichiarazione è frutto di una elaborazione umana centenaria, che parte dai primi principi etici classico-europei e arriva fino al Bill of Rights (1689), alla Dichiarazione d'Indipendenza statunitense (4 luglio 1776), ma soprattutto la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino stesa nel 1789 durante la Rivoluzione Francese, i cui elementi di fondo (i diritti civili e politici dell'individuo) sono confluiti in larga misura nella "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo"

Molto rilevanti infine, nel percorso che ha portato alla realizzazione della Dichiarazione, sono i "Quattordici punti" del presidente Woodrow Wilson (1918) e i pilastri delle "Quattro libertà" enunciati da Franklin Delano Roosevelt nella Carta Atlantica del 1941 (Libertà di parola, libertà di credo religioso, libertà personale e il diritto di vivere in Pace, liberi dalla paura). Un ruolo fondamentale per sbloccare quella coscienza etica che è alla base della Dichiarazione hanno ricoperto anche e soprattutto i milioni di morti della Seconda guerra mondiale.

Il voto dell’assemblea. La dichiarazione venne approvata da 48 dei 58 Stati che allora facevano parte dell’assemblea generale dell'ONU. Due Stati non presero parte al voto, lo Yemen e l’Honduras mentre otto si astennero, e già da questo fatto, si comprende che aria tirasse dentro i confini di quegli stati.

Per esempio uno fu il Sudafrica che allora era in pieno apartheid e che quindi non poteva votare sì a un’uguaglianza tra gli esseri umani senza distinzione di razza. Ma c’era anche l’Arabia Saudita, che già allora non digeriva la parità di diritti tra gli uomini e le donne. E poi, ad astenersi furono anche dei Paesi del blocco sovietico: Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Unione Sovietica (Russia, Ucraina, Bielorussia).

Pur professandosi comunisti contestavano il comma 1 dell’articolo 2 che sancisce che "a ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origina nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione". Tutti questi principi non andavano bene per la nazioni che facevano parte dell'allora blocco sovietico.

Gli articoli più belli, oggi spesso traditi.
  • Articolo 1. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
  • Articolo 3. Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
  • Articolo 4. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù.
  • Articolo 5. Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumani o degradanti.
  • Articolo 7. Tutti sono uguali davanti alla legge.
  • Articolo 13. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. E ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio.
  • Articolo 14. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
  • Articolo 18. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
  • Articolo 19. Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione.

La struttura della Dichiarazione universaleLa Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce due tipi di diritti: i diritti civili e politici, gradualmente affermatisi attraverso la storia del pensiero e delle istituzioni democratiche, e i diritti economici, sociali e culturali, la cui importanza è stata riconosciuta più di recente, nel momento in cui ci si rese conto che senza l’affermazione reale di questi ultimi, il godimento dei diritti civili e politici rimaneva puramente formale.

Nella concezione della Dichiarazione universale i due tipi di diritti, pur ricevendo trattazione separata, sono interdipendenti e indivisibili

La Dichiarazione si compone di un preambolo e di 30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona.
  • Il preambolo collega il mancato rispetto dei diritti umani agli “atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità” con chiaro riferimento a quanto successo nella seconda guerra mondiale (campi di sterminio, ecc..), e indica il rispetto di tali diritti, fissati in una concezione comune di “ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le nazioni” come unica via per un futuro di pace e di libertà.
  • Gli art. 1-2 stabiliscono, come principio fondamentale, che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
  • Gli art. 3-11 fissano i diritti e le libertà individuali.
  • Gli art. 12-17 stabiliscono i diritti dell’individuo nei confronti della comunità in cui egli vive (diritti civili).
  • Gli art. 18-21 sanciscono la libertà di pensiero e di associazione.
  • Gli art. 22-27 enunciano i diritti economici, sociali e culturali.
  • Gli art. 28, 29 e 30 danno delle disposizioni che riguardano la realizzazione di questi diritti. Ciò vuol dire che non si può esercitare la libertà di pensiero o di associazione per svolgere delle attività che mirino all'instaurazione di un regime liberticida o anti-democratico. Per meglio specificare viene applicato il principio aristotelico sulla libertà. "La libertà di un individuo finisce là dove inizia la libertà di tutti".

Nella "dichiarazione" vi è una predominanza di diritti civili e politici rispetto a quelli economici, sociali e culturali. Tuttavia questi ultimi sono egualmente importanti e indispensabili. Immaginando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo come un edificio sorretto da colonne, se una sola delle colonne di quell'edificio venisse a mancare, l’intero edificio crollerebbe.

Dichiarazione Universale dei Diritti Umani


10 Dicembre .. Giornata Mondiale dei Diritti Umani
"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza"
(Art. 1 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Parigi 10 dicembre 1948, ONU)
• Uguaglianza •
• Libertà •
• Pace •
• Speranza •
• Dignità •
• Legalità •
• Prosperità •
• Giustizia •



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