06 agosto 2015

Ragazze fuggite da Boko Haram e dalla Mafia Nigeriana, ora cantano Gospel in Italia

The Dynamite Gospel
"In Italia siamo rinate grazie al gospel". Dalla Nigeria a Borgomanero (Novara), le parrocchie se le contendono.

Alcune di loro sono fuggite dai territori del nord-est della Nigeria dove imperversano le milizie islamiche Boko-Haram, e altre due provengono dal sud della Nigeria, e più precisamente dalla regione di Benin City, con ogni probabilità sarebbero state vittime della mafia nigeriana.

Due mesi fa cercavano disperate un imbarco sulle coste libiche per sfuggire alla morsa della povertà e alla vendetta di Boko Haram, e magari con la promessa di un lavoro onesto in Italia. Oggi sono le "Dynamite Gospel", un coro gospel che in due note fa scattare in piedi e battere le mani ai fedeli nelle chiese della diocesi di Novara.

Merrit, Sandra, Angela, Fabor, Victory e Sussex sono sei profughe nigeriane che hanno alle spalle storie comuni a tanti migranti, povertà, persecuzioni politiche o religiose, la fuga e il deserto al prezzo di qualche migliaio di dollari, la rotta verso l’Italia.

L’incontro in autoDa Lampedusa e Ragusa fino al campo di accoglienza di Settimo Torinese, sono state "assegnate" a Borgomanero. Le accolgono nella Casa Famiglia "Piccolo Bartolomeo" e i volontari di MAMRE, associazione che da 15 anni si occupa di donne disagiate e sfruttate.

Le ragazze non si conoscevano tra di loro, arrivano da zone diverse della Nigeria. Ma quando i volontari le vanno a prendere, in auto iniziano a cantare. "Avevano una voce splendida e cantare per loro è stato anche un modo di recuperare le radici, sono cristiane e cantano motivi religiosi nigeriani. Allora abbiamo pensato di farle cantare in chiesa"

Sussex, che ha 30 anni ed è la "mamma" del gruppo, ha raccolto la scommessa e così sono nate le "Dynamite Gospel". "Noi siamo come la dinamite", racconta la ragazza che in Nigeria mandava avanti un negozietto al mercato degli alimentari di Jos, "Vogliamo esprimere la nostra gioia di vivere, e lo facciamo ringraziando Dio di averci dato questa possibilità. Lo facciamo cantando. Siamo vive, stiamo bene, in Nigeria c’era il rischio di morire ogni giorno per mano di Boko Haram"

Davanti alle monacheHanno in repertorio una ventina di canzoni, si sono esibite nelle chiese di Borgomanero, di Orta, all'Isola di San Giulio davanti alla suore di clausura, al santuario di Boca. Alla badessa dell’Isola di San Giulio, Anna Maria Canopi, hanno raccontato le loro storie.

Sandra ha 19 anni e porta ancora sulle gambe i segni della fuga attraverso il deserto "Una donna che si era offerta di darmi un passaggio con la sua jeep fino in Libia, ma nel deserto abbiamo avuto un incidente, lei è morta, io mi sono fratturata la gamba, ho camminato con la gamba rotta per tre settimane per raggiungere il confine".

La deejay e la parrucchiera
Merrit, Sandra, Angela, Fabor, Victory, Sussex
C'è chi in Nigeria faceva la disc jockey, come Merrit. "Ormai, con l’arrivo di Boko Haram, era diventato impossibile fare questo lavoro, ma tutto era rischioso. Laggiù mettevo i cd di Rihanna e Bruno Mars, qui mi dedico ai canti religiosi, in Nigeria pensavo alla disco, qui canto la libertà ritrovata".

Fabor, 23 anni, nel Sud della Nigeria faceva la parrucchiera. "Non era neppure possibile fare quello, ormai si viveva nella paura. Nel mio Paese c’è un regime incapace di dare sicurezza agli abitanti, e così quando alcune persone mi hanno proposto il viaggio ho accettato. Quei signori mi avevano promesso un lavoro di parrucchiera in Italia".

"Ci siamo lasciate alle spalle la persecuzione di Boko Haram e un paese diventato invivibile. Per questo, dicono Angela e Victory, abbiamo affrontato la sete, la paura, dando i nostri risparmi a chi ci garantiva di arrivare in Europa, abbiamo visto le stragi in Libia e siamo salite su barconi senza mangiare per cinque giorni"

I corsi di cucina e di cucitoNon amano parlare del passato. "La nostra vita comincia da qui, da un lavoro in Italia, stiamo imparando la lingua, seguiamo corsi di cucito e di cucina". E intanto cantano "Jesus, more of you", un motivo che non lascia star fermi i fedeli sui banchi. Ormai, sono pronte a cantare ovunque, ci mettono cuore e voce, e l’incanto comincia.

La loro storia è approdata in Italia dopo una fuga durata mesi, culminata con lo sbarco su un gommone, lasciandosi alle spalle orrori e paura, la traversata a piedi del deserto, la segregazione temporanea in Libia prima di trovare la possibilità di essere imbarcate su una delle carrette del mare.

"The Dynamite" è la risposta a quel passato da dimenticare. Sono tra le poche a essere sfuggite ai tragici rastrellamenti di Boko Haram e alle persecuzioni contro i cristiani e alla mafia nigeriana.

A nome dei tanti nigeriani in Italia mi sento in dovere di ringraziare la diocesi di Novara, l'associazione MAMRE, la casa famiglia Mario Metti, e tutti coloro che hanno aiutato queste sei ragazze, mie conterranee, a rivivere.
Un bellissimo esempio di accoglienza e di integrazione.





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