16 luglio 2015

La Grecia come l'Africa nella trappola dei debiti

È di questa notte l'approvazione del parlamento greco delle misure "lacrime e sangue" imposte dall'Unione Europea e dal FMI. Approvazione avvenuta non senza "ferite" per il partito di Tsipras e non senza scontri di piazza.

Premesso che anche la Grecia ha le sue belle colpe, ma come conferma lo stesso FMI (Fondo Monetario Internazionale) il debito accumulato attualmente dalla Grecia è "insostenibile" e non potrà mai essere pagato. Detto in parole povere è un non senso per la stessa Europa concedere nuovi prestiti per permettere alla Grecia di pagare vecchi debiti. Prestiti concessi in cambio di riforme che impoveriscono sempre di più il popolo.

Meglio sarebbe stato fare una scelta coraggiosa e lungimirante, semplicemente cancellare il debito greco. Negli anni '80 Thomas Sankara, leader illuminato del Burkina Faso, chiedeva la cancellazione dei debiti per i paesi africani. Per questa sua visione che ebbe consensi straordinari all'interno dell'Unione Africana, fu assassinato (1987).

D'altro canto non dimentichiamoci che, la Germania, paese capo-fila tra quelli europei che non vogliano nemmeno "ristrutturare" i debiti della Grecia, nel secondo dopo-guerra si trovava in una situazione peggiore di quella greca oggi, ma fu aiutata, in quel caso dagli americani (Piano Marshall), e che la Grecia condonò proprio alla Germania i danni di Guerra e del Nazismo in nome della solidarietàe che quella stessa Germania fu aiutata dall'Europa per la sua riunificazione. Di certo la Germania NON è un paese riconoscente.

L’esito dell’infinito negoziato sulla Grecia riguarda anche l’Africa. A trattativa conclusa e Grecia battuta questo collegamento è più evidente che mai. Molte economie africane, che fino a poco fa venivano definite dirompenti e in grande crescita, oggi segnano il passo. Angola, Ghana, Mozambico, la Nigeria stessa e altri "leoni" africani hanno tutti dovuto ricorrere a prestiti della Banca Mondiale o del Fondo Monetario Internazionale. Nulla di grave, questi paesi rimangono ancora realtà promettenti dal punto di vista strettamente economico.

Quasi tutti i paesi africani in passato hanno ricevuto aiuti e finanziamenti, chi dalla Banca Mondiale, chi dal Fondo Monetario, chi dal'ex-paese colonizzatore, chi dalla Russia, o dalla Cina e dagli americani. Finanziamenti che sono serviti solo ad impoverire i popoli e ad arricchire i tiranni di turno. Clamoroso l'esempio dello Zimbabwe che a causa dell'iper-inflazione ha dovuto rinunciare alla moneta nazionale - leggi - Perché quando stampi moneta per pagare debiti capita che alla fine la gente deve andare a fare la spesa con la cariola piena di banconote.

Ma quei prestiti sono già una ipoteca. Ci sono gli interessi, il cosiddetto servizio del debito, ma ci sono anche gli interessi politici con i quali vengono concessi. I grandi organismi sovranazionali economici come Banca Mondiale e FMI li concedono in cambio di riforme, di ristrutturazioni, di privatizzazioni, di interventi sul mondo del lavoro e si mostrano disponibili, in caso di incapacità a pagare le rate, di concedere, generosamente, altri prestiti.

Ecco la trappola nella quale è caduta la Grecia e nella quale rischiano di cadere tutti i paesi in crescita in Africa e altrove nel mondo. O almeno quelli che decidono di crescere nell'alveo di una economia governata da poche economie forti.

Che alternative ci sono? Non molte se non quella di rivedere, in termini economici, categorie, principi e dogmi dominanti.

La crescita non è solo un aumento numerico, monetario del PIL ma una distribuzione equa della ricchezza. Una economia virtuosa non è quella che vede cambiare volto alle città con grattacieli, stadi, aeroporti, centri commerciali ma quella che vede nascere imprese interne capaci di produrre manufatti per l’esportazione, magari con l’utilizzo delle materie prime locali (agricole o minerarie). Una economia che funziona deve produrre occupati e deve distribuire salari.

Peccato che i prestiti internazionali non vengono concessi a condizione che si sviluppi una economia di questo tipo ma a condizioni esattamente contrarie: austerità, condizioni privilegiate per gli investitori stranieri, riduzione della spesa pubblica, restrizioni economiche e, di fatto, dell’occupazione.

Se poi queste ricette non funzionano (o se i governanti del momento si intascano parte di quel denaro) niente problemi: in cambio di altri tagli, restrizioni, riduzioni si potranno ottenere altri prestiti, e altri prestiti ancora.

Ma facciamo una ipotesi.
Se i prestiti ai paesi africani venissero concessi in cambio di:
  • aumento dell'accesso all'istruzione,
  • aumento dell'accesso all'acqua potabile,
  • in cambio di una sanità migliore per tutti,
  • in cambio della lotta alla mortalità infantile,
  • della mortalità per malattie curabili come la malaria e la tubercolosi,
  • in cambio di una più equa distribuzione della ricchezza.
Cosa succederebbe?

Con le ricette europee la Grecia adesso avrà i suoi prestiti, non uscirà dall'Euro ma tutti i parametri di cui sopra certamente peggioreranno, perché quei soldi serviranno per pagare debiti verso chi (banche europee, fondo monetario, fondo salva-stati) è già ricco, e per qualche miliardo di euro in meno non andrebbe in rovina.

Solo ora la Grecia si accorge che il suo sistema pensionistico è in fallimento perché alcuni privilegiati hanno beneficiato di pensioni "baby", solo ora la Grecia si accorge che i suoi ricchi e famosi armatori hanno beneficiato di un fisco agevolato, solo ora la Grecia si accorge che gli abitanti delle ricche isole turistiche hanno sempre pagato l'Iva agevolata, solo ora la Grecia si accorge in troppi hanno evaso allegramente le tasse. E così ora la Grecia è costretta a far pagare i suoi debiti a tutto il suo popolo, anche ai poveri.

È la trappola dei prestiti nella quale, grazie all'esempio greco, i paesi africani (se avessero classi politiche illuminate, come lo fu quella di Thomas Sankara) potrebbero non cadere.

L'economia mondiale del dopo "guerra fredda" ha prodotto sempre più poveri e i ricchi sono diventati sempre più ricchi.
  • Viviamo in un mondo dove una decina di multinazionali ha in mano l'80% della ricchezza mondiale.
  • Viviamo in un mondo dove un quinto della popolazione possiede l'82,7% della ricchezza globale, mentre il 60% è al limite o al di sotto della soglia di povertà, e possiede solo il 5,6% della ricchezza globale.
  • Viviamo in un mondo dove pochi ricchi, e poche multinazionali condizionano governi, tengono sotto ricatto Stati Sovrani, sono in grado di corrompere e imporre le loro politiche.
L'Europa, il mondo, l'Africa proprio adesso avrebbero bisogno di politici illuminati come lo fu Thomas Sankara, il presidente del Burkina Faso che viveva da povero ma che aveva arricchito il suo popolo, e per questo fu assassinato - leggi -

I ricchi dovrebbero vivere più semplicemente affinché i poveri possano semplicemente vivere
(Gandhi)



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