12 giugno 2016

Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile

L'iniziativa è stata lanciata nel 2002 dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), al fine di tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica e dei governi sulla necessità di eliminare qualsiasi forma di sfruttamento economico nei confronti dei bambini.

Secondo il rapporto mondiale sul lavoro minorile 2015 sono 168 milioni i bambini in tutto il mondo tra i 5 e i 16 anni coinvolti nel lavoro minorile, di cui 85 milioni coinvolti in lavori particolarmente rischiosi. Il lavoro minorile è al tempo stesso causa e conseguenza della povertà e compromette l’istruzione e la sicurezza dei bambini.

Un fenomeno che accomuna sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo. Sempre secondo l'Ilo, sarebbero circa 22.000 i bambini uccisi sul posto di lavoro ogni anno, mentre non si conosce il numero dei feriti o di quelli che si ammalano a causa del loro lavoro.

L’Asia e il Pacifico restano le zone dove si concentra il maggior numero di bambini con quasi 78 milioni, ovvero il 9,3% della popolazione minore. L'Africa sub-sahariana continua ad essere la regione con la più alta incidenza di lavoro minorile (59 milioni, oltre il 21%). L'agricoltura è il settore con il maggior numero di bambini lavoratori coinvolti.


Il lavoro minorile è anche una questione di genere: l’Ilo ha registrato un calo del 40% dal 2000 ad oggi per le femmine, mentre per i maschi solo del 25%. Secondo i dati raccolti dall’Unicef, però, le bambine hanno le stesse possibilità dei bambini di essere vittime del lavoro minorile, con la sola eccezione del Medio Oriente, Africa, America Latina e Caraibi dove, invece, è più probabile che siano i maschi ad essere coinvolti. La disparità di genere si manifesta soprattutto nel tipo di attività svolta.

"Sappiamo che i progressi negli Obiettivi di Sviluppo del Millennio sull'istruzione, la povertà, l’uguaglianza di genere e l'AIDS, vengono sistematicamente minati dal lavoro minorile e che nessuna politica da sola può unilateralmente porre fine al lavoro minorile. È dimostrato che una risposta efficace coerente sul lavoro minorile richiede una combinazione di misure concernenti condizioni di lavoro dignitose, sistemi di protezione sociale attenti all'infanzia e l'estensione dei servizi di base ai più vulnerabili"

Le ultime stime a livello globale parlano di una diminuzione in tutto il mondo del fenomeno, ma i progressi sono più limitati nell'Africa Sub-Sahariana, dove anzi i dati più recenti indicano un peggioramento, con un bambino su 4 coinvolto nel lavoro minorile (la percentuale più alta al mondo), rispetto ad 1 su 8 in Asia e nella regione del Pacifico, 1 su 10 in America Latina e nei Caraibi. Il numero di bambini che unisce il lavoro alla scuola in alcune regioni è aumentato anche del 300%.

Ma anche questi dati possono essere fuorvianti, in quanto figli di migranti, orfani, bambini vittime di tratta e, soprattutto ragazze sono troppo esclusi dalle indagini, che si basano su dati riguardanti le famiglie.

È necessario sviluppare nuovi sistemi di raccolta dati per garantire che questi bambini invisibili diventino visibili e vengano aiutati.

L’agricoltura risulta essere il settore con la più alta presenza di minori, 98 milioni, ma bambini e adolescenti sono coinvolti anche in attività domestiche, nel lavoro in miniera o nelle fabbriche, spesso in condizioni di estremo pericolo e sfruttamento.

L’Africa sub sahariana è quella con la massima incidenza che, assieme all'Asia rappresenta il 90% dei casi di lavoro minorile nel mondo.

Anche l'Italia è coinvolta. Il lavoro dei minori è presente anche in Italia e riguarda almeno 340.000 minori sotto i 16 anni, di cui 28.000 coinvolti in attività molto pericolose per la loro sicurezza e la loro salute, ai limiti dello sfruttamento. "Il picco di lavoro minorile si registra fra gli adolescenti nell'età di passaggio dalla scuola media a quella superiore, che vede in Italia uno dei tassi di dispersione scolastica più elevati d'Europa, pari al 18,2%"

In Italia possono lavorare i minori al di sotto dei 16 anni solo se si tratta di attività lavorative di carattere culturale, artistico o pubblicitario o comunque nel settore dello spettacolo e condotte a determinate condizioni di legge. Nel 2006 in Italia l'obbligo di istruzione è stato innalzato a 16 anni.
(Unicef)
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